Jazzing 'Round
Otto pezzi e un sacco di correnti jazz diverse.

Grafica di Giorgio Dalla Zeta
La playlist si può ascoltare anche su Spotify, qui.
1. Gregory Porter, Moanin' (Issues of Life - Features and Remixes, 2014).
Tre minuti e mezzo deliziosamente vuoti: solo una voce dolcissima, una batteria che definire minimal è ancora troppo, un sax e un piano delicatissimi; ed è bellissimo così).
2. Arian Ortiz, Francisco Mela, Esperanza Spalding, The Peacocks (Junjo, 2006).
Se dovessi definire le cose di Esperanza Spalding lo farei così: mystical-therapeutic jazz. Lei suona e tu guerisci, basta mettere il pezzo giusto.
3. Takuya Kuroda, José James, Everybody loves the sunshine (Rising Son, 2014).
Kuroda non ha niente di speciale; eppure, quando sono mediocre, spero di essere come lui.
4. Yumiko Orishige, Primrose (Hope For..., 2021).
Sarà certamente perché ho un’idea stereotipata del Giappone, ma ogni volta che sento Yumiko suonare immagino un loto che si schiude; e ogni volta c’è una luce, un dettaglio, un filo d’erba che rende la scena diversissima. Insomma, è una di quegli artisti che fanno sempre delicate variazioni sullo stesso tema, solo che lei non annoia mai.
5. Sons ok Kemet, Pick Up Your Burning Cross (Black to the Future, 2021).
Ecco cosa succede quando uno mischia salsa e jazz. Non è bellissimo?
6. Jazzmeia Horn, I Remember You (A Social Call, 2017).
Prima o poi bisognerà fare una playlist di persone che ricordano altre persone. Intanto, Jazzmeia ha creato un piccolo gioiello: quanto pezzi conoscete che ricordano qualcuno con tanta allegria e leggerezza? Vorrei essere ricordato così.
7. Kamasi Washington, The Truth (Truth, 2017).
Credo che nessuno, davvero nessuno, abbia mai interpretato il jazz come fa Kamasi.
8. Kamasi Washington, Street Fighter Mas (Heaven and Earth, 2018).
Mi ha sempre ricordato Rhapsody on a windy night di Eliot, solo che la tristezza qui è vissuta: non ci si abbandona, la si porta cucita addosso, come nell’epica.